Ogni emozione ha una sua specifica funzione. La paura ci permette di evitare luoghi o situazioni potenzialmente a rischio e mette in azione il nostro organismo in situazioni di pericolo. In questo modo si attivano meccanismi fisiologici funzionali che facilitano la fuga o una reazione di difesa.
Tuttavia, se eccessiva o sproporzionata, da utile risorsa la paura può divenire un limite. Quando è molto elevata, infatti, la paura può prendere il sopravvento e diventare la più reale e concreta delle nostre sensazioni: l’attacco di panico.
In questi casi, invece di favorire comportamenti e reazioni appropriati, la paura può diventare un problema che, se affrontato in modo non funzionale, può crescere sino a diventare insormontabile.
Ossia, la paura può diventare patologica, cioè invalidante per la persona, disturbante, dando vita ad una serie di difficoltà e disturbi.
Argomenti
L’attacco di panico: cos’è e come si manifesta
Viviamo nella paura, ed è così che non viviamo Buddha
“All’improvviso, senti la mente sfuggire, la gola si stringe, hai la sensazione di non avere abbastanza aria e ti sembra di poter soffocare da un momento all’altro. Provi a rallentare il respiro, tenti disperatamente di controllarlo, ma il tuo cuore inizia a correre all’impazzata e ti rendi conto che non hai più niente sotto controllo. Ti senti irreale, i pensieri si accavallano e cominci ad avere paura che impazzirai, o che ti scoppierà il cuore… È atroce“
Un attacco di panico è una reazione psicologica e fisiologica improvvisa di fortissima paura, che può scaturire nelle più svariate situazioni e che viene percepita, da chi la vive, come la forma più estrema di paura, spesso associata ad una sensazione di catastrofe imminente.
Non ha in genere nessuna o pochissima attinenza con quanto sta accadendo in quel momento. La paura cresce e si attivano tutte le naturali reazioni fisiologiche legate all’atavica necessità di fuggire o reagire.
Il problema nasce dal fatto che il meccanismo di crescita della paura non viene compreso e accettato dalla mente, che lo confonde con qualcosa di pericoloso che si realizza fuori del suo controllo.
Ciò che spaventa di più la persona non è la paura in se stessa, ma la percezione di perdita di controllo sull’organismo e sulle sue reazioni. Questo porta la ragione a cercare di controllare le reazioni fisiologiche, ma più cerca di controllarle più ne perde il controllo, fino al tilt dell’attacco di panico.
Negli attacchi di panico, quindi, la minaccia spaventosa non proviene dall’esterno, ma deriva dalla paura della paura, che innesca l’escalation paradossale sino al panico.
La mente e il corpo sono come bloccati, perché si trovano a combattere con le paure più profonde dell’uomo: morire, impazzire o perdere il controllo.
Sintomi e durata dell’attacco di panico

Si definisce attacco di panico un periodo limitato di intensa paura durante il quale sono presenti 4 o più dei seguenti sintomi:
- paura di morire, svenire, impazzire o perdere il controllo;
- palpitazioni o tachicardia, dolore al petto;
- sensazione di soffocamento, nodo alla gola, asfissia;
- sudorazione intensa;
- dolore addominale, nausea;
- tremori, parestesie (intorpidimento o formicolio), vertigini, sbandamento;
- sensazione di derealizzazione (sensazione di irrealtà) e depersonalizzazione (sentirsi distaccati da sé stessi);
- brividi o vampate di calore.
I sintomi insorgono bruscamente, raggiungono l’intensità massima nel giro di pochi minuti e si esauriscono solitamente nell’arco di alcuni altri minuti. L’esperienza, inaspettata e terribile, è vissuta in maniera destabilizzante dalla persona e accompagnata da sensazioni di impotenza, mancanza di controllo, paura e minaccia. Alla fase acuta segue una fase di grande spossatezza, confusione, irrealtà.
L’instaurarsi del disturbo da attacchi di panico
Dopo il primo attacco la persona spesso inizia a vivere in uno stato di costante allerta e di ansia anticipatoria, che portano via via ad una importante alterazione del comportamento. Inizia ad avere paura della paura.
La paura inizia a riguardare sempre più situazioni. Aumenta sempre più la preoccupazione di avere un altro attacco di panico, fino a diventare un pensiero costante, che angoscia la persona e la blocca sempre di più.
La persona limita sempre più la propria vita, fino a ridurne drasticamente la qualità: inizia a ridurre gli spostamenti, chiede di essere accompagnata, vive uno stato di angoscia e preoccupazione costanti.

In pratica, si sviluppa in tutta la sua forza il disturbo da attacchi di panico: un problema strutturato per cui la persona sperimenta ripetuti e spesso imprevedibili episodi di panico, in situazioni all’apparenza del tutto comuni, riguardo ai quali prova una preoccupazione persistente e invalidante.
In altri casi, gli attacchi di panico non avvengono neanche più, poiché le precauzioni prese portano ad evitare di averne. Ma la paura della paura, l’angoscia e la preoccupazione non diminuiscono mai, anzi crescono costantemente. La persona si trova imprigionata.
L’attacco di panico secondo la terapia breve strategica
Aver paura è una cosa. Lasciare che la paura ti afferri e ti faccia girare come una trottola è un’altra
K. Paterson
Secondo il modello della terapia breve strategica, c’è un preciso meccanismo, un circolo vizioso che porta dallo sperimentare la prima volta la paura fino alla prigione del disturbo da attacchi di panico: a seguito di un primo episodio le persone iniziano a temere che un tale terribile attacco possa ripresentarsi, per cui iniziano a mettere in atto una serie di comportamenti finalizzati a evitare che questo possa accadere di nuovo.
Tali tentativi di soluzione, però, invece di portare a un miglioramento contribuiscono a mantenere e incrementare il problema, creando un circolo vizioso patogeno.
Le tentate soluzioni disfunzionali messe in atto da chi ha sperimentato un attacco di panico generalmente sono 3: il tentativo di controllo che fa perdere il controllo; l’evitamento delle situazioni temute; la richiesta di aiuto ad altri. Vediamole più nello specifico.
Il controllo che fa perdere il controllo
Tutte le volte che la persona sente arrivare i primi sintomi fisiologici, in genere cerca di controllarli, di tenerli sotto controllo.
Si tratta però di meccanismi fisiologici completamente al di fuori del controllo volontario, per cui ogni tentativo di reprimerli non fa che peggiorarli, rinforzarli e farli esacerbare.
In termini strategici, si tratta di un tentativo di controllo che fa perdere il controllo, portando all’effetto paradossale di far peggiorare invece che migliorare la situazione.
Evitamento di tutte le situazioni ritenute “pericolose”
Dopo i primi attacchi spesso la persona comincia a rinunciare a fare alcune cose che faceva abitualmente e ad evitare luoghi e situazioni ritenuti maggiormente “a rischio”, perché il timore di star male la blocca e preferisce quindi lasciar perdere.
Ma dopo ogni evitamento, dopo ogni rinuncia, via via le situazioni, i luoghi, le attività evitati diventano sempre di più, fino a non vivere più la propria vita.
Ogni evitamento, infatti, porta ad un aumento della paura e della percezione di fragilità, che porta a una vera e propria catena di progressivi evitamenti, finché anche situazioni o luoghi un tempo “neutri” arrivano ad essere vissuti come pericolosi. La persona si trova ad essere sempre più sfiduciata nelle proprie risorse e sempre più limitata nella propria vita.
Richiesta di aiuto ad altri
La persona comincia a sentirsi sicura solo quando sa di avere accanto qualcuno cui affidarsi, qualcuno pronto a darle una mano nel momento del bisogno, che la protegga o, nei casi più gravi, sia in grado di assumere il controllo. Si tratta di una totale perdita di indipendenza e autonomia.
Chiedere di essere accompagnati nei posti “pericolosi” sembra una strategia funzionale in grado di alleviare la sofferenza, ma purtroppo col tempo conduce al peggioramento della situazione.
Questo perché aumenta sempre più la percezione di incapacità della persona, che finisce per creare una vera e propria dipendenza dagli altri, riducendo la propria autonomia e la propria percezione di capacità.
Col tempo, evitamento dopo evitamento, aiuto ricevuto dopo aiuto ricevuto, la persona si sente via via sempre più debole e indifesa, sopraffatta dalla paura e incapace di affrontare le situazioni, fino a diventare vittima di ciò che ha costruito.
La terapia breve strategica del disturbo da attacchi di panico

Guarda la paura in faccia e questa cesserà di turbarti S. Yukteswar
Un professionista che lavora attraverso il modello della terapia breve strategica affronta e tratta il disturbo da attacchi di panico con un protocollo specifico, efficace, flessibile e personalizzato.
Dal punto di vista strategico un intervento efficace è basato su un cambiamento profondo, che vada a trasformare le percezioni e le reazioni della persona. Infatti, se si interviene unicamente a livello sintomatico c’è un alto rischio di ricadute.
L’approccio strategico focalizza l’attenzione su come il problema funziona e si mantiene nel presente e su quali strategie disfunzionali (le “tentate soluzioni”) vengono messe in atto per affrontarlo: si aiuta la persona a bloccarle e poi capovolgerle rendendole funzionali.
La persona viene guidata dal terapeuta a costruire le abilità e capacità individuali che permettono di gestire il problema per superarlo efficacemente e definitivamente.
Il terapeuta porta la persona a vivere una serie di concrete esperienze emozionali correttive, adattate alla persona e al suo modo specifico di percepire la realtà e reagire ad essa, e costruite specificamente sul problema presentato.
L’obiettivo è quello di portare gradualmente la persona ad acquisire autonomia e capacità di gestire la realtà.
Al cambiamento della percezione segue il cambiamento delle reazioni, e solo successivamente si giunge alla consapevolezza, quando la persona, finalmente libera dal dolore causato dal disturbo, è in grado di riconoscere le capacità e le risorse che è stata in grado di utilizzare.
Dott.ssa Adriana Serra – psicologa specializzata in psicoterapia breve strategica
Per informazioni, o per prendere un appuntamento, è possibile usare il modulo qui sotto oppure contattarmi qui.
Bibliografia
Nardone, G. (1993). Paura, panico, fobie. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G. (2000). Oltre i limiti della paura. Milano: Rizzoli.
Nardone, G. (2003). Non c’è notte che non veda il giorno. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G. (2016). La terapia degli attacchi di panico. Milano: Ponte alle Grazie.